(Trascrizione parte I)
1. Ciao Franco è un piacere averti nostro ospite e fare questa chiacchierata con te; cominciamo parlando della tua carriera come musicista: la passione per la musica nasce in famiglia? Hai avuto i primi contatti con la musica influenzato da qualcuno in particolare?
Grazie a voi per questo invito, torno sempre volentieri in una zona dove ci sono cari amici e appassionati di chitarra.
In famiglia non avevo musicisti se si esclude uno zio batterista che lavorava sulle navi da crociera che andavano e tornavano dagli States. Devo dire che mio padre era molto sensibile alla musica ed aveva un forte trasporto emotivo che mi ha sicuramente trasmesso, in seguito sarebbe diventato il mio primo fan. Da piccolo i miei notarono questa mia speciale vocazione così ad undici anni iniziai a prendere lezioni di chitarra a plettro: le prime note sul pentagramma, i primi accordi, i primi metodi e libri di solfeggio…
2. Da ascoltatore, quali generi musicali ti hanno maggiormente appassionato e hanno contribuito alla tua formazione?
Quando entrai a far parte di un gruppo suonavamo ovviamente Beatles, Rolling Stones, Creedence e canzoni di gruppi italiani, insomma musica dei primi anni settanta. La prima folgorazione la ebbi con il suono di chitarra di Jimmy Page dei Led Zeppelin perché sentivo una carica e una libertà espressiva che non avevo mai avvertito fino ad allora. Poi nei loro album c’erano alcune canzoni che iniziarono ad avvicinarmi alla chitarra acustica. Quando poi mi trasferii a Bologna le scelte erano molto più ampie. Rimasi molto incuriosito dalla Takoma, una piccola etichetta di un chitarrista un po fuori di testa che si chiamava John Fahey. A pensarci bene un aspetto che riusciva a prendermi più di altri era la libertà espressiva e il tirarsi fuori da certi schemi. Nel blues ovviamente trovai molte delle cose che stavo cercando. Poi più avanti altri elementi hanno contribuito alla mia formazione, parlo delle esperienze con i gruppi, gli interscambi con bravi musicisti e intorno a tutto ciò lo studio personale.
3. Quali album sono stati, e sono tuttora, fondamentali e immancabili nella tua collezione?
Moltissimi ma per brevità cito soltanto dei nomi anche perché i titoli degli album formerebbero una lista troppo lunga. Il rock e rock progressivo è stato un genere importante per tutta una serie di chitarristi che suonavano in gruppi come Deep Purple, Frank Zappa, King Crimson, Yes, Genesis. Poi c’è stato il genere jazz/fusion quindi Weather Report, Pat Metheny, Michael Brecker, Oregon. Dal versante più acustico/tradizionale Ry Cooder, Joni Mitchell, Crosby, Stills, Nash e Young, Leo Kottke. Dalla nuova musica acustica Michael Hedges, Alex de Grassi, Metamora, Montreaux Band, Philip Aaberg, George Winston. Dal folk revival irlandese Donal Lunny, Dave Spillane, Bothy Band, John Renbourn, Bert Jansch, David Graham. Infine ho sempre apprezzato le diverse alchimie risultanti da fusioni di stili e generi, incroci di culture diverse che sviluppano qualcosa di nuovo.
4. Parliamo della tua formazione prettamente chitarristica: come hai cominciato il percorso di studio con la chitarra?
La mia formazione a parte i primi 3 anni di studio è stata prevalentemente autodidatta. Magari avessi incontrato dei bravi insegnanti sulla mia strada avrei sicuramente risparmiato tempo. Iniziai a farmi un repertorio “tirando giù” ad orecchio quello che mi piaceva ed allenando l’orecchio a riconoscere accordi, intervalli, scale e progressioni di accordi. I brani che imparavo erano i miei esercizi e consideravo concluso uno studio solo quando l’esecuzione risultava scorrevole. Quando hai l’opportunità e l’esigenza di suonare dal vivo tutto deve funzionare bene ed essere presentabile. Oggi mi sembra che molti ragazzi abbiano poche opportunità di suonare in giro, magari si esibiscono di fronte al proprio insegnante o registrano un video per You Tube. Spero in futuro possano avere più occasioni perché le esperienze dal vivo ti rendono sicuro e motivato.
5. Nel tuo percorso musicale un posto centrale è sicuramente ricoperto dal blues: come ti sei avvicinato a questo genere musicale?
Mi è sempre piaciuto il blues, sentivo la sua influenza dappertutto. A Bologna iniziai a suonare in quasi tutte le osterie del centro e di fuori porta. Si suonavano classici come Hesitation Blues, Cocaine e tanti altri blues tradizionali e del folk revival. Ogni bluesman che ascoltavo dai dischi o dalle cassette aveva un proprio stile. Ho pubblicato il mio primo libro “Metodo per Chitarra Blues” proprio tenendo a mente gli idiomi ed i linguaggi di questo genere. In questo senso si è rivelata utilissima l’esperienza di ear training che avevo avuto in precedenza perché mi consentiva di avvicinarmi anche a brani più impegnative. Quello che ho cercato di fare in quel libro è di personalizzare i diversi contenuti. Ho quindi composto licks e blues con frasi che ritenevo belle e importanti, pensate anche con una certa finalità didattica. Anche se a quel tempo la Bèrben stampava libri con il solo pentagramma e senza intavolature le vendite andarono veramente forte. Oggi il volume è ristampato in Germania con il titolo “My Acoustic Blues Guitar”.
6. Oltre al blues un’altra parte fondamentale della tua produzione si è concentrata sulla musica tradizionale irlandese e la musica popolare italiana, parlaci dell’approccio che hai avuto a questo repertorio e cosa ti ha spinto ad affrontarlo.
Ricordo i concerti dei Pentangle, Alan Stivell, poi John Renbourn, Bert Jansch, Duck Baker, chitarristi che iniziavano ad ampliare un repertorio che fino ad allora era stato confinato alla musica americana. Mi resi conto che dalle arie antiche di O’Carolan alle danze tradizionali c’era diverso materiale interessante che si prestava ad essere interpretato per sola chitarra.
Rapito da questo genere ho pubblicato “The South Wind” per la AMRecords tedesca, oggi ristampato in Italia come Celtic Fingerstyle Guitar. E’ in assoluto il libro che ha venduto più di altri. Poi ho arrangiato e scritto altri brani celtici per l’album “Road to Lisdoonvarna” ma pubblicando solo brani singoli che sono disponibili dal mio shop on line. Ne vendiamo molti soprattutto in paesi come Stati Uniti, Canada e UK. Sono ancora molto attratto dalla musica celtica perché trovo che abbia un potere melodico fortissimo, quasi magnetico. In origine questa è nata come musica quasi priva di armonia, se si eccettua qualche nota di bordone, erano tutte melodie suonate all’unisono, gli accompagnamenti che sentiamo oggi sono arrivati molto dopo. Comunque dopo questa esperienza ho capito anche come arrangiare brani di folk italiano, perché comunque tra arie lente, gighe e tarantelle, l’acustica è il tipo di chitarra più adatta per interpretare il repertorio tradizionale. Italian Fingerstyle Guitar, sia come libro che come cd devo dire che mi ha dato molte soddisfazioni soprattutto quando poi ascolti suonare musica italiana da chitarristi di diversi paesi del mondo.